
La leggenda del Drago di Montalto Dora
Pubblicata il 23/06/2025
Introduzione
Nell’incantevole scenario del Canavese, poco distante da Ivrea, sorge Montalto Dora: un piccolo borgo piemontese dominato da un antico castello medievale, arroccato sul Monte Crovero e specchiato nelle acque calme del Lago Pistonolidentita.it. Tra queste colline e laghi morenici si è tramandata per secoli una leggenda affascinante e terrifica: la leggenda del Drago di Montalto Dora. Si tratta di una storia popolare dal tono epico e simbolico, che intreccia gli elementi del paesaggio locale – il monte, il lago, la fortezza – con le paure e le speranze degli abitanti di un tempo. In questo saggio ripercorreremo la trama di questa leggenda, ne descriveremo i luoghi coinvolti e gli elementi iconici, e infine ne analizzeremo il possibile contesto storico, cercando di capire come e perché un racconto di draghi abbia potuto nascere proprio qui. L’obiettivo è offrire un’approfondita narrazione divulgativa, concentrata esclusivamente su questa storia e sulle sue radici culturali, evitando paragoni con altre leggende e focalizzandosi sulle peculiarità uniche del Drago di Montalto Dora.
La trama della leggenda
La leggenda narra che in un’epoca remota – si dice nel Medioevo, quando la zona era costellata di fitti boschi e paludi – un mostruoso drago prese dimora nelle viscere del Monte Crovero, proprio sotto il colle su cui si erge il castello. Questo drago veniva descritto come una creatura spaventosa: un enorme rettile alato, con squame scintillanti e occhi ardenti, capace di sputare fuoco e veleno dalle fauci. Di giorno dormiva nascosto in una caverna oscura; di notte usciva per terrorizzare la vallata, seminando il panico tra le genti di Montalto Dora e dei villaggi vicini. Si diceva che il suo ruggito risuonasse per tutta la conca del lago, e che nessuno osasse avvicinarsi alle sue tane, riconoscibili dai segni di bruciato sulla vegetazione circostante.
Secondo la leggenda, gli abitanti vivevano nel terrore. Il drago distruggeva i raccolti, uccideva il bestiame e avvelenava le acque del lago con il suo fiato mefitico. Per placare la sua furia, i paesani iniziarono a lasciargli in offerta cibo e bestie al limitare del bosco. Ogni luna piena, veniva condotto un agnello o un capretto vicino alla “Fontana del Drago”, una sorgente ai piedi del monte, nella speranza che la creatura sazia risparmiasse il villaggio. Questa usanza andò avanti per qualche tempo: il drago infatti divorava le offerte e per qualche giorno rimaneva quieto. Ma bastava un ritardo o un’offerta insufficiente perché la bestia riprendesse a devastare ogni cosa con rinnovata ferocia.
Il culmine del dramma si ebbe quando – prosegue la narrazione – il drago cominciò a pretendere non solo animali, ma vite umane. Si racconta che la creatura rapì un bambino che si era spinto incautamente nei boschi. Questo evento spezzò definitivamente il fragile equilibrio. Disperati e ormai incapaci di convivere con l’orrore, gli abitanti di Montalto Dora decisero che era giunto il momento di affrontare apertamente il flagello. Ma chi avrebbe mai osato sfidare un drago invincibile?
La svolta giunse con l’arrivo di un cavaliere forestiero. Un giovane di nobile aspetto, armato di spada e scudo, giunse al borgo percorrendo l’antica Via Francigena (la strada dei pellegrini che passava in zona) e venne a conoscenza delle sofferenze della popolazione. Mosso da compassione e da spirito cavalleresco, il giovane cavaliere – il cui nome purtroppo si è perduto nelle nebbie del racconto, quasi fosse un eroe senza tempo – si offrì di combattere il drago. Gli anziani e il signore locale lo misero in guardia: nessuno prima di lui era tornato vivo dopo aver affrontato la belva. Ma il cavaliere rispose di confidare in una forza superiore e mostrò al popolo un oggetto sacro: una piccola croce d’argento che portava al collo. Avrebbe combattuto in nome del bene e della fede, disse, certo che il male incarnato dal drago potesse essere vinto.
La notte scelta per lo scontro fu quella di luna nuova, quando le tenebre erano più fitte. Il cavaliere, accompagnato dai più coraggiosi del villaggio, si avvicinò alla grotta del drago. Secondo il racconto, l’aria era pesante e sul lago aleggiava una nebbia innaturale. I pochi che assistettero allo scontro da lontano udirono un ruggito tremendo scuotere la montagna e videro lingue di fuoco illuminare a tratti l’oscurità. La battaglia fu feroce: il drago avvolse il cavaliere nelle sue spire e cercò di incenerirlo con il fiato ardente; ma il giovane riuscì a proteggersi dietro lo scudo e contrattaccò con colpi rapidi di spada. La terra tremò sotto i loro movimenti. Si narra che in quel frangente disperato il cavaliere abbia levato al cielo la croce, pronunciando una preghiera: una luce accecante folgorò la creatura, indebolendola. Approfittando di quel momento, l’eroe affondò la spada dritta nel cuore del mostro. Il drago cadde con un ultimo boato, e il suo corpo gigantesco rotolò giù per il pendio, andando a inabissarsi nelle acque del Lago Pistono.
Al levarsi del sole, gli abitanti increduli scesero verso il lago: sulle rive trovarono il cavaliere, ferito ma vivo, e dell’orribile drago rimaneva solo una traccia di sangue nero che increspava le acque. Montalto Dora era finalmente liberata. Fra canti di gioia e lacrime di sollievo, il popolo acclamò il salvatore. Si racconta che il signore del castello, in segno di gratitudine, offrì al cavaliere la possibilità di restare a Montalto Dora e sposare sua figlia. Ma l’eroe, dopo aver partecipato a una solenne cerimonia di ringraziamento, scelse di riprendere il suo viaggio – così come era venuto, in silenzio, sullo stesso sentiero dei pellegrini. Prima di partire, raccomandò agli abitanti di vivere in pace e di ricordare che la vittoria sul drago non era merito solo della spada, ma anche dell’unione e del coraggio di tutta la comunità.
La leggenda si conclude con la trasformazione del luogo del combattimento: là dove il drago fu sconfitto e precipitò, gli abitanti eressero una piccola cappella votiva in onore del miracolo. Alcune versioni dicono che quella cappella sorse dov’è oggi la chiesetta medievale di Sant’Egidio, non lontana dal castello, come segno di devozione e monito per le generazioni future. Altri narratori aggiungono che il lago stesso cambiò dopo la morte del drago: le acque divennero più limpide e la natura tornò fertile, quasi che la terra maledetta fosse stata purificata. Da allora, Montalto Dora prosperò libero dalla minaccia e la storia del drago entrò nel patrimonio orale locale, raccontata attorno ai focolari nelle lunghe sere d’inverno.
Luoghi ed elementi iconici della leggenda
La leggenda del Drago di Montalto Dora è intimamente legata ai luoghi reali del territorio, che ne costituiscono lo sfondo suggestivo e gli elementi iconici. Primo fra tutti, il Castello di Montalto Dora: questa fortezza medievale (costruita originariamente nel XII secolo) svetta a circa 400 metri d’altezza sul Monte Croverolidentita.it ed è facile immaginare che le sue torri merlate abbiano alimentato l’immaginario popolare. Nella storia, il castello funge da rifugio per gli abitanti terrorizzati e da punto di partenza dell’impresa eroica. Le sue mura antiche, testimoni di assedi e battaglie reali, nella leggenda assistono al confronto sovrannaturale tra il bene e il male. Ancora oggi, visitando il castello (o ammirandolo da valle, dato che è proprietà privata e aperto solo in rare occasioni), si può quasi percepire l’eco di quelle vicende fantastiche: i camminamenti di guardia diventano palcoscenico immaginario della sfida al drago, e le pietre secolari sembrano custodire segreti di tempi lontani.
Un altro luogo fondamentale è il Lago Pistono, lo specchio d’acqua ai piedi del monte. Nella realtà, il Lago Pistono è uno dei cinque laghi di origine glaciale presenti nell’Anfiteatro morenico di Ivrea, noto per la sua bellezza naturalistica. Nel racconto leggendario, il lago assume un ruolo quasi personificato: è la dimora finale del drago sconfitto, il quale vi precipita dentro con tutto il suo peso. Le acque, dapprima rese torbide e “avvelenate” dalla presenza della creatura, dopo la sua morte tornano chiare. Questo dettaglio contiene un elemento iconico tipico: l’acqua purificata dopo l’uccisione del mostro, a simboleggiare la rinascita e la redenzione del territorio. Inoltre, attorno al lago si collocano i “luoghi minori” evocati dalla tradizione orale, come la già citata “Fontana del Drago” (forse ispirata a qualche sorgente realmente esistente nei boschi) e il luogo dove sarebbe sorta la cappella votiva. Questi toponimi leggendari non compaiono sulle mappe ufficiali, ma vivono nella memoria collettiva: ogni generazione li tramanda, alimentando la geografia fiabesca di Montalto Dora.
Il drago stesso è ovviamente l’elemento più iconico. La sua descrizione varia leggermente da narratore a narratore, ma vi sono tratti costanti: ali grandi come vele, scaglie dure come armature, un muso feroce con denti affilati e occhi “grandi come ruote di carro” (secondo un modo di dire popolare). Particolarmente temuto era il suo alito pestilenziale e infuocato, in grado – si diceva – di carbonizzare un uomo all’istante e di appestare l’aria per miglia intorno. Questo richiama l’immaginario medievale dei bestiari, in cui il drago veniva dipinto come creatura infernale che avvelena l’atmosfera e tiene in scacco intere città. Non a caso, nelle leggende europee il drago è spesso simbolo del male che opprime la comunitàticinolive.ch. Nel caso di Montalto Dora, l’iconografia del drago potrebbe essere stata influenzata da rappresentazioni artistiche presenti nelle chiese locali: per esempio, molte chiese medievali raffigurano santi (come San Michele Arcangelo o San Giorgio) nell’atto di uccidere un drago. Anche se non abbiamo fonti certe su affreschi specifici a Montalto Dora legati a questo tema, è suggestivo notare che nell’oratorio castrense del castello compaiono affreschi quattrocenteschi di santi protettori (San Cristoforo, Santa Liberata)it.wikipedia.org; ciò indica un contesto iconografico in cui l’idea di protezione divina contro i mali era ben radicata – ed è plausibile che il drago del folklore locale fosse visto appunto come il “male” da cui un intervento provvidenziale liberò la comunità.
Un ulteriore elemento iconico è il giovane eroe. Pur senza nome nei racconti odierni, egli incarna l’ideale cavalleresco: coraggio, altruismo e fede incrollabile. Lo si può considerare un simbolo altrettanto forte quanto il drago stesso, ma di segno opposto. Il suo arrivo “miracoloso” dal nulla e la sua partenza solitaria ricordano la figura del “salvatore sconosciuto” diffusa in molte fiabe: egli non cerca ricompense materiali, compie il bene e scompare, lasciando un esempio morale. A livello locale, si tramanda che il popolo gli attribuì un titolo onorifico dopo la vittoria – forse “Cavaliere di San Michele” – perché si credette che fosse stato guidato dall’Arcangelo guerriero; ma al di là dei dettagli, resta l’immagine di un giovane virtuoso che con la sola arma della fede (rappresentata dalla piccola croce d’argento) fu in grado di abbattere il mostro invincibile. È interessante come la leggenda insista su questo punto: non è la forza bruta a salvare Montalto Dora, bensì la forza morale. In ciò risiede gran parte del fascino edificante della vicenda.
Infine, tra gli elementi iconici possiamo annoverare gli oggetti-simbolo legati alla storia. La spada e lo scudo del cavaliere, ad esempio, sarebbero stati conservati come reliquie per qualche tempo – si racconta che nel castello fossero esposte, a memoria dell’impresa. E la cappella votiva eretta sul luogo della sconfitta del drago divenne essa stessa un simbolo tangibile: ogni anno, nella ricorrenza della liberazione, gli abitanti vi si recavano in processione per ringraziare la Provvidenza. Sebbene oggi non vi sia più traccia certa di una cappella del drago (l’attuale cappella di Sant’Egidio è ciò che storicamente rimane della primitiva chiesetta medievale sul montegiornalelavoce.it, ma la sua dedica non richiama draghi), nella memoria popolare è rimasta l’idea che il sacro abbia preso possesso del luogo prima occupato da una creatura maligna. Questo segue uno schema folklorico diffuso, per cui “alla sconfitta di un drago segue la costruzione di una cappella”monstermovieitalia.com: il male viene scacciato e subito il luogo viene consacrato per esorcizzarlo definitivamente. In modo simile, si diceva che alcune rocce attorno al lago recassero ancora i segni delle unghiate del drago o fossero tinte di scuro là dove era caduto il sangue del mostro: queste rocce curiose venivano mostrate ai ragazzi come prova che “la storia è vera”. Tali dettagli conferiscono alla leggenda una dimensione quasi archeologica, come se il territorio parlasse ancora dell’evento straordinario avvenuto.
Origini storiche e contesto della leggenda
Analizzando la leggenda del Drago di Montalto Dora dal punto di vista storico e antropologico, emergono diversi spunti interessanti. Innanzitutto, bisogna considerare quando e perché potrebbe essere nata una simile storia in questo territorio. Il contesto storico della regione è quello del Medioevo e della prima età moderna: un’epoca in cui le credenze popolari erano dense di elementi soprannaturali, e in cui la distinzione tra cronaca e mito spesso sfumava. Non abbiamo documenti scritti medievali che citino esplicitamente un drago a Montalto Dora – il che non sorprende, dato che si tratta di tradizioni orali. Tuttavia, possiamo ipotizzare che la leggenda abbia preso forma gradualmente, forse a partire da eventi reali reinterpretati simbolicamente.
Una possibile origine concreta potrebbe essere legata alle condizioni ambientali di un tempo. Prima delle moderne bonifiche, l’area intorno ai laghi di Ivrea era più paludosa e poteva essere malsana. È noto che in molte culture contadine i fenomeni naturali pericolosi venivano “personalizzati” in creature mostruose: ad esempio, epidemie improvvise tra il bestiame, esalazioni mefitiche dalle acque stagnanti o mulinelli che inghiottivano barche potevano essere spiegati col manifestarsi di un serpente o drago maligno. L’eterna lotta tra l’uomo e la natura selvaggia – che il drago incarna – era un tema percepito come reale dalle comunità preindustrialiticinolive.ch. Nel caso di Montalto Dora, possiamo pensare che un periodo di difficoltà (come malattie o carestie) venne raccontato metaforicamente come il dominio di un “drago” sul paese. La successiva ripresa o soluzione felice (ad esempio la guarigione inspiegabile dalla peste bovina, o la riuscita di un grande lavoro di drenaggio delle acque stagnanti) fu allora rappresentata come la vittoria di un eroe sul mostro. In altre parole, la leggenda avrebbe permesso di esorcizzare le paure collettive, dando loro una forma narrativa comprensibile: una creatura malvagia sconfitta da un intervento provvidenzialeticinolive.ch.
Il contesto religioso e sociale del Medioevo fornisce poi un ricco terreno simbolico. Nella tradizione cristiana medievale, il drago è quasi universalmente visto come personificazione del Demonio o del peccato. Nei bestiari e nei sermoni dell’epoca, questo animale fantastico rappresentava tutto ciò che è caotico, distruttivo e contrario all’ordine divinoticinolive.ch. Non a caso, molte leggende agiografiche (storie di santi) narrano di draghi uccisi da uomini di fede: in tali racconti, il drago simboleggia le forze pagane o maligne che impediscono la diffusione del Cristianesimo, e il santo-cavaliere le vince grazie all’aiuto di Dio. Anche se la nostra leggenda non attribuisce esplicitamente il ruolo di uccisore del drago a un santo specifico, è evidente l’influenza di quel modello narrativo: il cavaliere vince “grazie alla fede” (ricordiamo la scena in cui alza la croce e indebolisce il drago). Ciò riflette la mentalità dell’epoca: la convinzione che il male potesse essere vinto solo con l’aiuto divino e che la protezione celeste fosse indispensabile per la comunità. È del tutto plausibile che la leggenda del Drago di Montalto Dora sia nata o sia stata incoraggiata dal clero locale come parabola morale: serviva a ricordare alla gente che con coraggio, unità e fede si potevano superare anche i pericoli più mortali.
Non va dimenticato poi il contesto feudale e cavalleresco. Montalto Dora nel Medioevo era sotto varie dominazioni: prima i signori locali vassalli del Vescovo d’Ivrea, poi i Savoia e altri feudatari guerrieriit.wikipedia.orgit.wikipedia.org. Era quindi terra di castelli e, verosimilmente, di soldati e cavalieri. L’ideale cavalleresco – fatto di eroi che difendono i deboli in cambio di onore e gloria – era parte integrante della cultura dell’epoca. Un racconto popolare di un cavaliere che libera il villaggio da un drago può aver attecchito facilmente nell’immaginario perché rispondeva ai sogni e ai desideri della gente comune: avere un paladino protettore che sfida i soprusi (fossero questi rappresentati da un signorotto crudele, da briganti o, appunto, da un mostro). Da un punto di vista storico, non è improbabile che il personaggio del cavaliere derivi magari dalla fama di qualche individuo reale. Forse un valoroso soldato di origine forestiera passato di qui durante le crociate, o un condottiero che salvò davvero il paese da un pericolo (magari scacciando una banda di predoni) e che poi venne “mitizzato” trasformandolo nel protagonista di un confronto sovrumano. Le leggende spesso nascono cucendo insieme realtà e fantasia: un evento eccezionale può aver fornito lo spunto iniziale, e la fantasia popolare ci ha ricamato sopra, ingigantendolo in forma di mito.
Un ulteriore aspetto storico da considerare è la lunga continuità insediativa di questa zona, che ha permesso il sedimentarsi di racconti per generazioni. Le sponde del Lago Pistono e l’altura di Montalto erano abitate fin dalla Preistoria: scavi archeologici hanno rivelato resti di un villaggio palafitticolo dell’età del Bronzo (tra il 1400 e l’800 a.C.) proprio sulle rive settentrionali del lagovavyviviviaggia.wordpress.com. Ciò significa che comunità umane vivevano qui e narravano storie già millenni or sono. Naturalmente non possiamo sapere quali miti avessero gli antichi abitanti pre-romani, ma è intrigante pensare che frammenti di credenze arcaiche (forse legate a spiriti del lago o a divinità-serpente venerate e temute) possano essersi mescolati nel medioevo con la cultura cristiana dando vita a leggende nuove. Ad esempio, in area subalpina è attestato il culto di Angizia, una dea-serpente venerata dai popoli italici per proteggersi dai rettili velenosimonstermovieitalia.com. Pur essendo Angizia riferita ad altre regioni, l’idea di uno spirito serpentino nelle acque potrebbe avere paralleli in Piemonte. La tradizione del drago potrebbe dunque essere – in parte – un adattamento cristianizzato di antichi racconti pagani su serpenti o mostri d’acqua presenti nei laghi e nelle paludi. Il Medioevo ha spesso operato questo sincretismo: ciò che prima era nume o spirito naturale è diventato un “drago demoniaco” da sconfiggere, e ciò che prima era un eroe mitico è stato rivisto come cavaliere cristiano. Queste dinamiche culturali sono ben documentate: il drago medievale fu sovente una proiezione del bisogno umano di dare forma alle paure sconosciute e di affermare la vittoria dell’ordine sulla minaccia del caosticinolive.ch. Montalto Dora, con i suoi boschi ondeggianti (ricordiamo le misteriose “Terre ballerine”, il terreno torboso elastico poco lontano dal lago, che di certo alimentò stupore) e con le sue nebbie lacustri, offriva lo scenario perfetto perché l’immaginazione collettiva collocasse un mostro nelle ombre della natura.
Sul piano sociale e psicologico, la leggenda ha svolto probabilmente anche una funzione comunitaria. Raccontare e tramandare la storia del drago aveva il valore di una lezione condivisa: era un modo per rinsaldare l’identità del paese attorno a un passato comune glorioso (“ciò che abbiamo superato insieme”) e per trasmettere valori ai giovani. Ogni elemento del racconto porta con sé una morale: la ferocia del drago insegna a diffidare del male che può annidarsi nel mondo; l’unità del popolo nell’affrontare la crisi mostra l’importanza della solidarietà; il coraggio del cavaliere e la sua fede mostrano la via dell’eroismo virtuoso. In tal senso, la leggenda del Drago di Montalto Dora non è solo intrattenimento, ma anche allegoria morale e civile. I contadini medievali ascoltavano questa storia durante le veglie invernali, traendone consolazione e ispirazione: se un drago così terribile era stato sconfitto “qui, proprio nel nostro paese”, allora anche le difficoltà quotidiane (che a loro potevano sembrare draghi metaforici) sarebbero state superabili. Era un messaggio di speranza mascherato da racconto fantastico.
In conclusione, pur non avendo evidenze scritte dirette della nascita di questa leggenda, possiamo affermare che il Drago di Montalto Dora è figlio del suo tempo e della sua terra. Esso racchiude paesaggi reali, memorie storiche (come l’epoca buia delle paure medievali e l’ideale luminoso della cavalleria cristiana) e una profonda simbologia universale. Come tutte le leggende, è probabile che sia evoluto col passare dei secoli: dettagli aggiunti o modificati, interpretazioni diverse a seconda del narratore. Ma il nucleo è rimasto costante e significativo per la comunità. Ancora oggi, parlando con gli anziani del posto, capita di sentire riferimenti al drago, quasi fosse parte integrante dell’identità locale al pari del castello o del lago. D’altronde, la persistenza di questo racconto fino all’epoca moderna conferma ciò che studiosi di folklore hanno spesso notato: gli uomini di ogni epoca hanno bisogno di storie di mostri e di eroi per dare un senso alle proprie paure e speranzeticinolive.ch. In un mondo rurale fatto di incertezze (dalle alluvioni alle guerre, dalle malattie all’arbitrio dei potenti), la leggenda del drago offriva una narrazione rassicurante in cui, malgrado il terrore iniziale, alla fine il bene trionfa e l’ordine viene ristabilito.
Conclusione
La leggenda del Drago di Montalto Dora, riletta oggi, si presenta come un magnifico esempio di narrazione popolare narrativa e simbolica al tempo stesso. Abbiamo ripercorso la sua trama avvincente, ricca di pathos e colpi di scena; abbiamo identificato i luoghi e gli elementi iconici che la rendono viva e concreta nella geografia del paese; e ne abbiamo indagato il contesto storico, scoprendo come questa storia possa essere il frutto di un intreccio fra ambiente naturale, eventi storici locali e immaginario medievale. Nessun’altra leggenda è esattamente uguale a questa, perché essa appartiene in modo esclusivo a Montalto Dora – e tuttavia contiene temi universali che risuonano in molte culture (il male sotto forma di mostro, l’eroe liberatore, la comunità che rinasce). Proprio questa duplice natura – profondamente locale ma universalmente umana – è la forza del racconto.
Nel panorama delle tradizioni piemontesi, il drago di Montalto Dora occupa dunque un posto speciale. Ancora oggi esso potrebbe ispirare opere d’arte, eventi rievocativi o itinerari turistici a tema, tanto è potente la sua immagine. Ma al di là di usi moderni, la sua importanza risiede nel patrimonio immateriale che rappresenta: un filo che collega le generazioni, dal villano medievale che tremava udendo il vento notturno (magari immaginandovi il respiro del drago) al giovane del XXI secolo che scopre questa leggenda con stupore e fascino, riscoprendo un pezzo delle proprie radici culturali.
In definitiva, raccontare ancora oggi la leggenda del Drago di Montalto Dora significa celebrare la vitalità della memoria popolare e riconoscere quanto le storie possano plasmare l’identità di un luogo. Ogni pietra del castello, ogni increspatura del lago, sembra ricordarci – se tendiamo l’orecchio della fantasia – che “c’era una volta” un drago terribile e che, grazie al coraggio e all’unità, quel drago fu sconfitto. È una lezione senza tempo, vestita dei colori del mito. E finché ci sarà qualcuno disposto ad ascoltarla o a narrarla di nuovo, la leggenda del Drago di Montalto Dora continuerà a vivere, sospesa tra storia e sogno, alimentando la meraviglia di chi ama le antiche storie del nostro territorio.
Fonti e riferimenti: Le informazioni storiche e ambientali su Montalto Dora e il suo castello sono tratte da fonti locali e ricerche sul Canavese, in particolare dai reportage culturali su L’Identitàlidentita.it e dagli archivi del Giornale La Voce. I riferimenti al ritrovamento di insediamenti preistorici (palafitte) presso il Lago Pistono provengono da documenti del Parco Archeologico del Lago Pistonovavyviviviaggia.wordpress.com. L’analisi simbolica del drago si basa su studi generali: nel medioevo il drago era comunemente visto come simbolo del male e del demonioticinolive.ch, e le leggende di draghi assolvevano il bisogno umano di esorcizzare paure collettive e rappresentare la lotta contro la natura ostileticinolive.chticinolive.ch. È noto inoltre che nella tradizione folklorica italiana la sconfitta di un mostro è spesso legata alla fondazione di luoghi sacri o alla bonifica di territori inospitalimonstermovieitalia.com, uno schema rintracciabile anche nella nostra leggenda. Tutti questi elementi concorrono a contestualizzare e a dare spessore alla leggenda del Drago di Montalto Dora, rendendola un pezzo di cultura degno di essere preservato e studiato.
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