
Le navi‐palazzo di Caligola sul lago di Nemi: un Titanic dell’Impero romano
Pubblicato il 04 July 2025
Introduzione: due palazzi galleggianti nell’antica Roma
Immaginate due enormi navi lunghe oltre 70 metri, vere e proprie regge galleggianti costruite per un imperatore romano. La storia delle navi di Nemi sembra uscita da un mito: per secoli si sussurrò di due imbarcazioni leggendarie sprofondate in un piccolo lago vulcanico vicino Roma, tanto lussuose da essere paragonate a un Titanic dell’antichità. Persino lo storico Svetonio, nelle sue Vite dei Cesari, descrisse queste navi di Caligola parlando di “file di remi, la poppa brillante di gioielli, ampi bagni, gallerie e saloni, sempre rifornite di gran varietà di viti e alberi da frutto”turistipercaso.it. In pratica, erano grandi palazzi galleggianti dotati di ogni comfort immaginabile per l’epoca.
Caligola, imperatore dal 37 al 41 d.C. noto per la sua stravaganza, fece costruire queste due imbarcazioni sul lago di Nemi (chiamato dagli antichi Specchio di Diana perché dedicato alla dea Diana). Entrambe le navi erano colossali e identiche nel lusso, anche se di dimensioni leggermente diverse: la prima misurava circa 73 metri di lunghezza per 24 m di larghezza, la seconda circa 71 x 20 metriromanoimpero.com. Per costruirle si utilizzarono robuste assi di pino, quercia e abete, e per impermeabilizzare gli scafi vennero impiegati strati di lana imbevuti di catrame ricoperti da lamine di piomboromanoimpero.com – un accorgimento tecnico che testimonia l’attenzione ingegneristica dedicata a queste navi eccezionali. Non sorprende quindi che fossero riccamente decorate: sui ponti sorgevano vere costruzioni in miniatura con colonne in marmo, pavimenti a mosaico, statue di bronzo e marmo, il tutto rifinito con tetti coperti da tegole in terracotta e persino tegole di rame doratoromanoimpero.comromanoimpero.com. In sostanza, Caligola aveva ricreato il lusso delle ville patrizie su due imbarcazioni.
Funzione e fine delle navi: lusso, culto e damnatio memoriae
A cosa servivano due navi così straordinarie su un piccolo lago? Gli storici si sono a lungo interrogati. Secondo le ricerche moderne, una delle navi era destinata a fungere da palazzo imperiale galleggiante, dove Caligola soggiornava con la sua corte organizzando ricevimenti sfarzosi, mentre l’altra aveva una funzione cerimoniale e religiosa, usata dall’imperatore per recarsi al vicino Santuario di Diana Nemorensis e svolgere i relativi riti sacrituristipercaso.it. Questa duplice funzione – una nave per il piacere e una per il culto – ben si accorda con la personalità di Caligola, devoto sia al lusso sfrenato sia alla religiosità (in particolare al culto di Diana e dell’egizia Iside, che egli promosse a Roma).
Le navi di Nemi ebbero però vita breve. Nel 41 d.C. Caligola fu assassinato in una congiura, e il Senato romano emanò contro di lui la damnatio memoriae, cancellando il suo ricordo. Proprio in quel frangente, le due gigantesche navi sul lago di Nemi vennero deliberatamente affondate sul fondo del lago, così da eliminare ogni traccia di quella follia di lusso imperialeturistipercaso.it. Per quasi duemila anni rimasero nascoste sotto le acque, alimentando leggende locali. Di tanto in tanto, dal Medioevo in poi, riemergevano dagli abissi piccoli indizi – travi di legno, frammenti di mosaico, bronzi – che alimentavano il mito della loro esistenzaturistipercaso.it. Eppure, fino all’epoca moderna, nessuno era riuscito a riportare in superficie quei “Titani” dell’ingegneria romana.
Cinque secoli di tentativi falliti (dal Rinascimento al XIX secolo)
Già nel Rinascimento qualcuno provò a recuperare i relitti dal lago di Nemi. Il primo tentativo documentato risale addirittura al 1446, quando il cardinale Prospero Colonna incaricò Leon Battista Alberti di esplorare il lagoturistipercaso.it. Alberti costruì una piattaforma galleggiante con funi e uncini nel tentativo di agganciare le navi, ma l’impresa fallìturistipercaso.it. L’interesse comunque era acceso: durante il XVI e XVII secolo diversi avventurieri e subacquei rudimentali si immersero nelle acque oscure del lago per carpire i segreti di quelle navi leggendarieturistipercaso.it. Le esplorazioni confermarono la presenza dei due grandi scafi adagiati sul fondo e ne svelarono parzialmente le dimensioni e la posizioneturistipercaso.it.
Nel 1827 un certo cavaliere Annesio Fusconi utilizzò una campana subacquea (sul modello di quella inventata da Halley) per raggiungere i relitti. Riuscì a recuperare marmi, mosaici, frammenti di colonne e altri reperti, ma il maltempo interruppe i lavori e molti materiali recuperati andarono dispersi o venduti sul mercato antiquarioromanoimpero.comromanoimpero.com. Un ulteriore tentativo avvenne nel 1895 ad opera dell’ingegnere Eliseo Borghi per conto della famiglia Orsini: anche in questo caso si recuperarono bronzi ornamentali (come protomi ferine a testa di leone), parti di timoni, tubi di piombo, tegole di rame dorato e altroromanoimpero.comromanoimpero.com. Alcuni di questi reperti finirono al Museo Nazionale Romano, ma i mezzi dell’epoca non permettevano ancora di sollevare integralmente scafi così grandituristipercaso.it. Dopo aver constatato che i tentativi dilettanteschi rischiavano di distruggere quel che rimaneva delle navi, le autorità italiane alla fine del XIX secolo posero fine alle iniziative private e iniziarono a studiare un recupero scientifico e definitivo.
L’impresa di Mussolini: il recupero delle Navi di Nemi (1929–1932)
Gli operai, i militari e i tecnici posano accanto alle tubazioni e alle elettropompe montate su un pontone galleggiante durante le operazioni di svuotamento del lago di Nemi nel 1929commons.wikimedia.org. Nei primi decenni del Novecento, con l’avvento di nuove tecnologie, il sogno di recuperare le navi di Caligola divenne realtà. Nel 1927 il governo fascista istituì una commissione per il recupero e il 9 aprile di quell’anno Benito Mussolini annunciò ufficialmente l’avvio dell’impresaturistipercaso.it. Si decise di utilizzare un ingegnoso stratagemma già ipotizzato in precedenza: svuotare parzialmente il lago di Nemi, sfruttando un antico emissario artificiale romano. Tra 1929 e 1931 potenti pompe idrauliche (idrovore) lavorarono senza sosta per abbassare di circa 22 metri il livello dell’acquaturistipercaso.it, convogliandola attraverso il tunnel emissario fino al mare. Man mano che il lago si ritirava, i relitti riemergevano dalla melma dopo secoli di buio.
Nel giro di pochi anni l’impresa colossale fu compiuta: nel 1929 affiorò la prima nave, nel 1931 già si poteva osservare anche la seconda, e nel 1932 entrambe le navi vennero estratte completamente dall’invaso e adagiate sulla rivaturistipercaso.it. Si trattò di un successo straordinario, salutato con entusiasmo in tutto il mondo. Per l’occasione venne anche realizzato un museo “su misura”: l’architetto Vittorio Morpurgo progettò due enormi hangar affacciati sul lago, capaci di ospitare integralmente i colossi recuperatituristipercaso.it. Il nuovo Museo delle Navi Romane di Nemi fu inaugurato nel 1940, divenendo esso stesso un modello architettonico (uno dei primi musei concepiti attorno al contenuto da esporre)turistipercaso.it.
Veduta aerea del 1932 dello scafo della seconda nave di Nemi, completamente emerso dalle acque del lago (lo scafo misura circa 71 metri di lunghezza)commons.wikimedia.org. Una volta portati a terra, gli archeologi poterono finalmente studiare a fondo queste meraviglie. Si scoprì così che le navi di Caligola non erano solo grandi: erano tecnologicamente avanzatissime, piene di soluzioni che anticipavano invenzioni attribuite a epoche molto più tarde. Di seguito alcune delle scoperte più sensazionali fatte a bordo delle navi:
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Impianto idraulico con acqua calda e fredda: grazie a un sistema di pompe a pistone (la ctesibica machina descritta da Vitruvio) le navi disponevano di acqua corrente convogliata in tubi di piombo, con acqua calda per alimentare le terme a bordo e acqua fredda per fontane decorative e per bereen.wikipedia.org. Una tale rete idraulica su una nave era qualcosa di inaudito – una tecnologia che andò perduta dopo i Romani e sarebbe stata reinventata solo molti secoli più tardi nel Medioevoen.wikipedia.org.
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Piattaforme girevoli su cuscinetti a sfera: ciascuna nave era dotata di almeno una piattaforma circolare rotante montata su sfere di bronzo, il più antico esempio conosciuto di cuscinetti a sfera. Si pensi che un meccanismo simile viene tradizionalmente attribuito a Leonardo da Vinci nel Rinascimento, ma Caligola lo anticipò di quasi 1500 annien.wikipedia.org. Probabilmente tali piattaforme servivano da base girevole per statue o addirittura per gru da carico a bordo.
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Pompe di sentina e manovelle: per svuotare l’acqua imbarcata, le navi disponevano di pompe di sentina manuali molto efficienti. Queste pompe funzionavano tramite manovelle azionate a mano, costituendo il più antico esempio noto di utilizzo della manovella in un macchinarioen.wikipedia.org. Anche questo è sorprendente, poiché si credeva che la manovella fosse un’invenzione medievale. Invece, a bordo delle navi di Nemi ne esistevano già esemplari in uso.
Oltre a ciò, l’elenco dei reperti recuperati fu impressionante: ancore sofisticate (di tipo analogo a quelle moderne a marre mobili), decorazioni raffinatissime in bronzo (protomi a forma di teste di leone, pantera, lupo e Medusa usate per adornare le travi), colonne di marmo, balaustre con erme bifronti, argani, viti senza fine e perfino ingranaggi dentatiromanoimpero.com. Tutto questo confermava che le navi di Caligola erano un concentrato di ingegneria navale romana d’avanguardia, capace di far impallidire qualsiasi altra imbarcazione dell’epoca.
Il tragico epilogo: l’incendio del 1944
Dopo l’entusiasmo per il clamoroso recupero, il destino riservò a queste navi un finale tragico e beffardo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’area dei Castelli Romani divenne teatro di scontri tra tedeschi e Alleati. Nell’ultima fase della guerra in Italia, nel maggio 1944, il fronte risaliva la penisola e giunse nei dintorni di Nemi. La notte del 31 maggio 1944, mentre le truppe tedesche in ritirata si erano asserragliate nei pressi del museo, avvenne la catastrofe: un furioso incendio divampò all’interno del Museo delle Navi, distruggendo in poche ore entrambi gli antichi scafituristipercaso.itturistipercaso.it. Le fiamme ridussero in cenere quelle strutture millenarie di legno, annientando “in poche ore una delle più grandi scoperte archeologiche degli ultimi secoli”turistipercaso.it.
Le cause esatte dell’incendio furono a lungo dibattute. In un primo momento si accusarono i soldati tedeschi in fuga di aver dato fuoco alle navi per pura distruzione o per odio verso il regime fascista che ne aveva fatto un simbolo. Questa versione divenne quella comunemente accettata nel dopoguerra. Tuttavia, indagini e studi più recenti hanno messo in dubbio questa ricostruzione: analisi condotte nel XXI secolo suggeriscono che l’incendio potrebbe essere stato innescato accidentalmente dai bombardamenti degli Alleati – alcuni proiettili d’artiglieria incendiari colpirono il tetto del museo proprio quella notteturistipercaso.itturistipercaso.it. Di fatto, con il caos della guerra, nessuno poté intervenire in tempo per salvare le navi. Al mattino, quando i custodi tornarono, trovarono solo resti carbonizzati. Fu un colpo durissimo per l’archeologia: dopo aver dormito per duemila anni sott’acqua ed essere state riportate alla luce trionfalmente, le navi di Caligola perirono nuovamente, stavolta per sempre.
L’eredità delle navi di Nemi: il museo e i reperti superstiti
Non tutto, per fortuna, andò completamente perduto con l’incendio. Molti reperti metallici – in particolare le decorazioni in bronzo, alcune parti in ferro e piombo – sopravvissero alle fiamme (anche se spesso deformati o danneggiati)romanoimpero.com. Inoltre, già prima della distruzione, diverse componenti erano state trasferite a Roma per studio o conservazione, scampando così al rogo. Nel dopoguerra, il Museo delle Navi fu restaurato e riaperto al pubblico (in forma stabile dal 1988)turistipercaso.it. Al suo interno, oggi, un’intera ala espositiva è dedicata alle Navi di Nemi e racconta la loro incredibile vicendaturistipercaso.it. Vi si possono ammirare i reperti originali salvati dall’incendio – come frammenti di mosaici, parti di pavimenti marmorei, attrezzi di bordo, elementi strutturali – oltre a due grandi modelli in scala 1:5 che riproducono fedelmente le imbarcazioni di Caligola in tutto il loro splendoreturistipercaso.it.
L’eco di questa storia affascinante continua a richiamare l’attenzione di studiosi e appassionati. Di tanto in tanto, emergono nuove scoperte legate alle navi perdute. Ad esempio, nel 2021 un pannello musivo originale delle navi di Nemi è rientrato in Italia dopo una storia incredibile: era scomparso dopo l’incendio del ’44 e decenni più tardi è stato ritrovato a New York, dove era stato utilizzato come tavolino da caffè nell’appartamento di una signora italiana! Questo splendido mosaico policromo, proveniente dal pavimento di una delle navi, è stato identificato da un esperto d’arte e sequestrato dalle autorità americane, per poi essere restituito al Museo di Nemi dov’è nuovamente esposto come preziosa testimonianzaartslife.com.
A distanza di duemila anni, le navi-palazzo di Caligola sul lago di Nemi continuano dunque a vivere nel ricordo e nella cultura: simbolo dell’ingegnosità e del lusso dell’antica Roma, ma anche monito sulla caducità delle grandi opere umane. La loro storia – dal fasto sfrenato alla distruzione – rimane una delle più affascinanti dell’archeologia, capace di stupire ancora oggi sia il grande pubblico che gli appassionati di storia.
Fonti
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Svetonio, Vite dei Cesari – vita di Caligola (descrizione coeva delle navi).
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Museo delle Navi Romane di Nemi – pannelli informativi e cataloghi.
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Ivano Carpentieri, “In questo lago sono state ritrovate le leggendarie navi dell’imperatore folle”, Turisti per Caso (03/05/2023)turistipercaso.itturistipercaso.itturistipercaso.itturistipercaso.it.
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Articolo “Le Navi di Nemi” sul sito Romanoimperoromanoimpero.comromanoimpero.com.
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Voce “Nemi ships” su Wikipedia (in lingua inglese)en.wikipedia.orgen.wikipedia.org.
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Redazione ArtsLife, “Rientra in Italia il mosaico delle Navi di Nemi” (13/03/2021)artslife.com.
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